Il cervello traumatizzato: perdere il corpo, perdere sé stessi. Integrazione clinica tra psicoterapia EMDR e sistemico familiare e relazionale - PsyIntegra | Centro di psicologia clinica e psicotraumatologia E.M.D.R.
1146
post-template-default,single,single-post,postid-1146,single-format-standard,bridge-core-1.0.6,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-title-hidden,qode_grid_1300,footer_responsive_adv,qode-theme-ver-18.2,qode-theme-bridge,qode_header_in_grid,bridge,wpb-js-composer js-comp-ver-6.0.5,vc_responsive
cervello traumatizzato

Il cervello traumatizzato: perdere il corpo, perdere sé stessi. Integrazione clinica tra psicoterapia EMDR e sistemico familiare e relazionale

Il trauma accade a noi, ai nostri amici, alle nostre famiglie, intaccando non solo il nostro sé, ma anche il senso che ciascuno di noi conferisce alla propria esistenza. Ci impedisce di stare nel presente e di sentirci “realmente vivi e perfettamente svegli”, così che il mondo appare lontano, inaccessibile o, al contrario, violentemente intrusivo e lesivo verso il nostro corpo, le nostre emozioni e i nostri pensieri. È un’esperienza che lascia segni indelebili nella memoria, nel corpo e nelle relazioni.

Il trauma psicologico si manifesta come una risposta a eventi estremamente stressanti, in grado di minacciare la sopravvivenza fisica o emotiva di una persona. Secondo il libro “Il corpo accusa il colpo” di Bessel van der Kolk, uno dei più importanti pionieri nella ricerca e nel trattamento dello stress traumatico, tali eventi compromettono il senso del sé e modificano significativamente il funzionamento cerebrale, corporeo ed emotivo dell’individuo.

 

La psicoterapia EMDR: elaborare il trauma e reintegrare il sé

 

La psicoterapia EMDR rappresenta una delle terapie di elezione nel trattamento delle esperienze traumatiche. Questa tecnica si basa sulla stimolazione bilaterale degli emisferi cerebrali, solitamente tramite movimenti oculari alternati. Tale procedura favorisce l’elaborazione delle memorie traumatiche rimaste bloccate nelle reti neurali.

Secondo quanto riportato nel libro, gli eventi traumatici sono immagazzinati principalmente nell’amigdala, una struttura cerebrale che svolge il ruolo di “rilevatore di pericolo”. L’amigdala, in risposta a segnali percepiti come minacciosi, attiva automaticamente la risposta “attacco o fuga”, provocando un rilascio elevato di ormoni dello stress come il cortisolo e l’adrenalina. Questo meccanismo è efficace per sopravvivere al pericolo immediato, ma problematico quando il trauma continua a riattivarsi nel tempo, generando sintomi persistenti di ansia, ipervigilanza e stress cronico. Così il corpo diventa teatro della memoria di ogni vissuto traumatico dell’individuo.

La tecnica EMDR consente di accedere alle memorie traumatiche eludendo le difese razionali, ovvero, attraverso l’elaborazione adattiva del trauma dell’individuo, mira ad una reintegrazione del sé e delle sue parti.

Nel dettaglio, l’EMDR lavora sul principio della desensibilizzazione e rielaborazione delle memorie traumatiche. Attraverso i movimenti oculari o altre forme di stimolazione bilaterale, il paziente riesce a riattivare i circuiti neuronali bloccati, a trasformare le memorie traumatiche da frammenti emotivi sintomatici a narrazioni integrate e asintomatiche riducendo l’arousal (attivazione) fisiologico associato ai ricordi. Questo processo aiuta a “desensibilizzare” la carica emotiva associata alla memoria e a “ricontestualizzare” cognitivamente l’esperienza.

Nel libro si evidenzia come, tramite studi di neuroimaging (fMRI e PET), sia stato osservato che durante la rievocazione di eventi traumatici si verifica una forte attivazione del sistema limbico e una contemporanea disattivazione dell’area di Broca, responsabile della verbalizzazione. Ciò rende difficile per i pazienti comunicare verbalmente il trauma. L’EMDR, tuttavia, facilitando la riconnessione tra aree cerebrali “disattivate” dal trauma (come la corteccia prefrontale e i lobi frontali) e quelle emotive, permette ai pazienti di elaborare l’esperienza traumatica in modo integrato e meno doloroso.

Secondo l’autore, un elemento fondamentale nella guarigione dal trauma è la capacità di riconnettere corpo e mente. L’EMDR si configura come un intervento terapeutico “top-down”, che aiuta a rinforzare la capacità delle strutture cerebrali superiori (razionali) di regolare e modulare le risposte emotive e fisiologiche provenienti dalle aree cerebrali inferiori (emotive e istintuali). Se il trauma lascia tracce nel corpo, lascia anche impronte nei legami, pertanto il trauma è anche un evento intersoggettivo. La teoria polivagale di Porges, citata da van der Kolk, evidenzia come il senso di sicurezza relazionale sia fondamentale per la regolazione dell’arousal. Il trauma mina le capacità di neurocezione (la capacità di percepire sicurezza o minaccia), creando risposte ipervigilanti o dissociative nelle relazioni.

 

Un modello integrato: EMDR e approccio sistemico per una guarigione completa

 

Un’importante evoluzione nella terapia del trauma è rappresentata dall’integrazione tra l’approccio EMDR e la psicoterapia sistemico-relazionale.

Quest’ultima si focalizza sulle dinamiche familiari e sociali che influenzano il comportamento e il benessere psicologico delle persone. Un trauma può alterare profondamente gli equilibri familiari, generando schemi disfunzionali di comunicazione e interazione, che a loro volta possono contribuire al mantenimento o all’aggravarsi dei sintomi traumatici. Nel dettaglio, l’approccio sistemico-relazionale interpreta il trauma non solo come una ferita individuale ma come un’esperienza che si trasmette e si mantiene nei pattern comunicativi e nei legami familiari. Le memorie traumatiche spesso si manifestano come copioni relazionali disfunzionali, lealtà invisibili e trasmissioni intergenerazionali possono contribuire alla cronicizzazione del trauma.

L’integrazione dell’EMDR con l’approccio sistemico-relazionale offre un modello clinico potente, consente una visione più ampia della persona traumatizzata, considerando anche il contesto relazionale che può mantenere o alleviare il trauma. Questa combinazione favorisce una maggiore consapevolezza delle interazioni disfunzionali e facilita l’elaborazione collettiva del trauma, promuovendo la guarigione non solo dell’individuo ma dell’intero sistema familiare e sociale.

Quindi, secondo l’approccio sistemico-relazionale, la guarigione passa attraverso il riconoscimento delle interazioni e dei ruoli disfunzionali presenti nel sistema familiare. È fondamentale lavorare non soltanto sull’individuo traumatizzato, ma coinvolgere anche gli altri membri della famiglia, promuovendo la consapevolezza e il cambiamento nei modelli relazionali negativi che mantengono il trauma.

La terapia sistemica offre strumenti efficaci per esplorare e ristrutturare queste dinamiche, facilitando così una guarigione più profonda e duratura. Pertanto, l’EMDR integrato con l’approccio sistemico-relazionale non si limita a un mero superamento dei sintomi post-traumatici, ma facilita il recupero della sensazione di sicurezza e autonomia nella vita quotidiana, permettendo ai pazienti di vivere più consapevolmente e pienamente nel presente.

In conclusione, questa strategia terapeutica combinata rappresenta una risorsa essenziale nel trattamento integrato e multidimensionale dei disturbi post-traumatici, offrendo risultati significativi in termini di recupero psicofisico, emotivo e relazionale. Il terapeuta, nella pratica clinica, mappa il sistema di attaccamento del paziente, identifica le memorie relazionali traumatiche e utilizza l’EMDR per desensibilizzarle. Contestualmente, facilita il cambiamento dei modelli relazionali attuali, aiutando il paziente a costruire relazioni più sicure e funzionali.

Dott.ssa Susanna Tortello
info@psyintegra.it

susannatortello@libero.it