Disturbi d’ansia
605
page-template-default,page,page-id-605,bridge-core-1.0.6,ajax_fade,page_not_loaded,,qode_grid_1300,footer_responsive_adv,qode-theme-ver-18.2,qode-theme-bridge,qode_header_in_grid,wpb-js-composer js-comp-ver-6.0.5,vc_responsive

Disturbi d’ansia

Disturbo d’Ansia Generalizzato

 

In questa problematica, le ansie e le preoccupazioni sono persistenti, pervasive e costanti in quanto vanno a riguardare diversi ambiti, tra cui le dimensioni base della vita di un individuo come il rendimento lavorativo o scolastico. Si possono sperimentare sintomi fisici, tra cui irrequietezza o sensazioni di agitazione o tensione; affaticamento; difficoltà di concentrazione o vuoti di memoria; irritabilità, tensione muscolare e disturbi del sonno. Tale condizione, in caso di persistenza per molti mesi, può condurre come risultato anche ad un abbassamento graduale ma costante del tono dell’umore.

La terapia EMDR e la terapia Cognitivo-Comportamentale sono riconosciute metodiche cliniche altamente specializzate ed efficaci nella risoluzione della problematica.

L’EMDR, in particolare, lavora sul ricordo di alcune esperienze che possono aver contributo all’insorgere del disturbo d’ansia, ma anche sul ricordo delle prime volte in cui si è provata l’ansia e le volte peggiori, così da neutralizzare queste reazioni e permettere alla persona di affrontare le situazioni della vita in modo funzionale.

I movimenti oculari dell’EMDR sbloccano il sistema di elaborazione delle informazioni; si riattiva il processo naturale di guarigione del cervello, precedentemente bloccato a seguito di più esperienze relazionali negative che instaurano cognizioni disfunzionali nell’individuo. I ricordi che procurano ansia vengono “rivisitati” e perdono la carica ansiogena.

Disturbo d’Ansia Sociale

 

Tale problematica consiste in una paura o ansia marcata relativa a situazioni sociali dove la persona è esposta al possibile giudizio altrui (interagire con gli altri, andare ad una festa, essere osservati mentre si esegue un compito, fare un discorso) è presente il timore di subire critiche e di manifestare ansia.

Tale disturbo rappresenta una problematica che si può manifestare nell’esistenza di un individuo sin dalla prima infanzia.

Nella fobia sociale le componenti cognitive, gli errori di ragionamento, le convinzioni disfunzionali sui pericoli risultanti dall’interscambio relazionale hanno un ruolo importante nel costituire circoli viziosi mentali di mantenimento dell’ansia. Tali elementi risultano decisivi sia nel confermare le idee irrazionali dell’individuo, sia nel formulare ragionamenti negativi, difficilmente controvertibili, sul proprio modo di fronteggiare gli eventi sociali.

La terapia EMDR e le terapie Cognitivo-Comportamentale e Sistemico-relazionale rappresentano dei metodi di riferimento per la cura e risoluzione di questo disturbo.

L’approccio Cognitivo-Comportamentale ha la finalità di far sviluppare nell’individuo una percezione delle situazioni relazionali non più come minacciose e minanti della propria sicurezza ed immagine personale.

Disturbo d’Ansia da Separazione

 

L’ansia da separazione è una fase normale dello sviluppo, durante la quale i bambini sviluppano ansia quando sono separati dai genitori o da chi principalmente si occupa di loro. Generalmente si manifesta inizialmente quando i bambini hanno circa 8 mesi e si intensifica tra i 10 e i 18 mesi. I bambini tra 8 e 18 mesi spesso si spaventano quando incontrano nuove persone o visitano nuovi luoghi. Quando sono separati dai genitori o da chi si occupa di loro, in particolare lontano da casa, si sentono minacciati e non sicuri. Guardano ai genitori e a chi si occupa di loro per cercare sicurezza e rassicurazione. Il pianto indica che i bambini hanno sviluppato un senso di attaccamento verso i genitori o chi si prende cura di loro. In questa situazione il pianto è una reazione positiva.

Questo fenomeno può assumere le dimensioni di un disturbo quando risponde ai seguenti criteri:

  • Una paura eccessiva e inappropriata rispetto allo stadio di sviluppo che riguarda la separazione da coloro ai quali il bambino è attaccato (figure di attaccamento/accudimento).
  • Quando questa paura, ansia o evitamento sono persistenti con una durata di almeno 4 settimane in bambini o adolescenti, e tipicamente 6 mesi o più negli adulti.
  • Quando il disturbo causa un disagio psicologico significativo o una compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o altre aree.

Nell’ambito del nostro modello d’intervento terapeutico, proponiamo un trattamento di psicoterapia che può avere molteplici indirizzi in funzione delle caratteristiche del caso (terapia cognitivo-evoluzionista, sistemico-relazionale/familiare).

Il trattamento è perfettamente integrato con il metodo EMDR per l’elaborazione dei traumi relazionali precoci nel bambino, adolescente o adulto (relativi alla storia d’attaccamento), di traumi esterni alla relazione di attaccamento e/o secondari alle manifestazioni sintomatologiche (per es. frustrazioni scolastiche o sociali).

Nel caso di bambini, nel lavoro con i genitori si lavora sulla psicoeducazione rispetto alla problematica utilizzando sedute che possono comprendere tecniche come il videofeedback; si identificano gli eventi traumatici del bambino/adolescente e gli eventi traumatici familiari; si accompagna il genitore indietro nel tempo, per trovare di nuovo la stessa sensazione/emozione/cognizione negativa in altri episodi della propria vita, per poi facilitarne l’elaborazione con l’EMDR e fornire al genitore gli strumenti autoregolativi che permettono una genitorialità efficace nelle situazioni stressogene oggetto della terapia con il bambino.

Disturbo di Panico (Attacchi di Panico)

 

È caratterizzato dallo sperimentare un senso di paura pervasiva e apparentemente immotivata che raggiunge la massima intensità in pochi minuti (Criterio A). Durante l’attacco di panico l’individuo può manifestare sintomi invalidanti sul corpo come palpitazioni, sudorazione diffusa, tremori, sensazioni di non riuscire a respirare liberamente, dolore o fastidio evidente nella zona toracica, nausea o disturbi gastrointestinali, capogiri o debolezza, brividi o vampate di calore, formicolii. Dal punto di vista psicologico l’individuo può provare senso di irrealtà (derealizzazione) e/o distacco/estraniamento da sé stessi (depersonalizzazione), paura di perdere il controllo o impazzire, timore di morire.

La seconda caratteristica clinica (Criterio B) consiste nello sviluppare una preoccupazione costante (di durata non inferiore ad un mese) relativa al possibile verificarsi di nuovi attacchi di panico e/o nell’adozione di comportamenti disfunzionali volti a controllare tale timore (ad es. evitare di svolgere esercizio fisico o di trovarsi in situazioni o ambienti poco familiari, etc.)

Il Disturbo di Panico si può presentare spesso in comorbidità con il disturbo agorafobico, ed in casi meno frequenti con Disturbi depressivi, da sintomi somatici e con l’uso improprio di sostanze.

La reazione ad un attacco di panico è così rapida da non poter essere mediata dal pensiero, da una parola o da un’azione, ma solo attraverso il fisico con un repentino aumento dell’arousal fisiologico (reazione di “attacco o fuga”), portando in casi estremi a fenomeni di tipo dissociativo che possono essere caratterizzati, inoltre, anche da stati di “freezing” o “congelamento”.

La psicoterapia Cognitivo-Comportamentale e la terapia Sistemico-relazionale/familiare rappresentano le terapie elitarie per la cura del Disturbo di Panico. L’EMDR si appresta a diventare un nuovo approccio integrato a tali psicoterapie che può favorire l’accelerazione del percorso per una prognosi positiva più veloce ma soprattutto efficace. Il lavoro di desensibilizzazione già introdotto dalla terapia Cognitivo-Comportamentale rispetto alle situazioni che portano all’insorgere degli stati ansiosi e/o panicosi, viene potenziato dalla terapia EMDR e vengono scardinati alla radice le cause sottostanti all’insorgere del disturbo, che l’individuo non riesce a risolvere con l’esperienza personale. L’EMDR permette di potenziare le risorse psicologiche individuali che restituiscono le personali sicurezze nella persona che viene affetta da tale invalidante problematica.

Mutismo selettivo

 

La problematica rientra nei disturbi d’ansia e si manifesta esclusivamente in età evolutiva. La comparsa dei primi sintomi (marcata timidezza, paura delle persone, ecc.) avviene tra i 2 e 3 anni, ma l’esordio avviene solitamente prima dei 5 anni, con le prime esperienze sociali e scolastiche in cui viene chiesto al bambino di esprimersi verbalmente (APA, 2014).

La possibilità di esprimersi comunicativamente avviene in ambienti protetti come casa, in presenza di familiari stretti.

I bambini che esprimono questa difficoltà rifiutano spesso di parlare a scuola, il che porta a compromissione educativa o scolastica.

I bambini con questo disturbo possono comunicare a gesti e avere difficoltà a mantenere un contatto visivo. Restano immobili, non interagiscono, anche il linguaggio del corpo può risultare impacciato. Sono così ansiosi e impauriti da essere bloccati, è come se si sentissero al centro dell’attenzione e questo aumenta la loro ansia.

Attualmente la diagnosi di Mutismo Selettivo proposta dal DSM-5 prevede 5 criteri diagnostici (APA, 2014):

  • Costante incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche in cui ci si aspetta che si parli (es. a scuola), nonostante sia in grado di farlo in altre situazioni
  • La condizione interferisce con i risultati scolastici o con la comunicazione sociale
  • La durata della condizione è di almeno un mese (non limitato al primo mese di scuola)
  • L’incapacità di parlare non è dovuta al fatto che non si conosce, o non si è a proprio agio con il tipo di linguaggio richiesto dalla situazione sociale
  • La condizione non è meglio spiegata da un disturbo della comunicazione e non si manifesta durante il decorso di disturbi dello spettro dell’autismo o altri disturbi.

L’intervento fino a qualche decennio fa ritenuto elitario nella cura di tale disturbo è stato rappresentato dalla terapia Cognitivo-comportamentale, attua alla risoluzione attraverso specifiche indagini e tecniche, della problematica sottostante al disturbo rappresentata da un forte disturbo di ansia sociale che nei bambini può avere questo tipo di rappresentazione.

Negli ultimi decenni si è valutato molto importante, inoltre, anche l’intervento in psicoterapia sistemico-familiare per indagare e risolvere tematiche ulteriori che possono riguardare situazioni conflittuali familiari sommerse di cui la psiche del bambino sente di dover manifestare attraverso i sintomi del mutismo come segnale di aiuto verso una situazione definita dalla sua stessa mente come “qualcosa che non si può dire o deve essere tenuta nascosta”.

Si ritiene che in alcuni specifici casi l’inserimento della terapia EMDR nel percorso psicoterapico, possa essere fondamentale per la risoluzione di eventuali traumi presenti che sono alla base dell’insorgenza del disturbo anche in età precoce o fasi preverbali di sviluppo del bambino, che sono più ostici a livello di risoluzione con terapie ritenute più standardizzate.

Fobie specifiche

 

Sono fenomeni classificati come “paure” persistenti circoscritte alla presenza di una situazione o di un oggetto particolari, che sono definiti come lo “stimolo fobico” o “trigger” (oggetti, animali, luoghi, situazioni, ecc.)

Per la diagnosi di fobia specifica, la reazione deve essere diversa dalle paure normali e transitorie che si verificano frequentemente tra le persone.

Si tratta di una manifestazione emotiva sproporzionata per qualcosa che non rappresenta una reale minaccia.

La quantità di paura vissuta può variare in base alla prossimità dell’oggetto fobico o alla situazione temuti e può manifestarsi in anticipo o in presenza effettiva dell’oggetto o della situazione. Inoltre, la paura o l’ansia possono evolvere nella manifestazione di un attacco di panico con tutti oppure solo alcuni sintomi.

La persona che in presenza dello stimolo fobico inizia a provare stati di ansia e terrore, tende a strutturare comportamenti di evitamento delle situazioni quali è probabile che ci si possa trovare a stretto contatto con lo stesso stimolo fobico.

I criteri diagnostici che descrivono tale problematica sono sette secondo il DSM 5:

  • Paura o ansia marcate verso un oggetto o situazioni specifiche (es. volare, altezze, animali, ricevere un’iniezione, vedere il sangue)
  • La situazione o oggetti specifici provocano quasi sempre paura immediata o ansia;
  • La situazione o oggetti fobici vengono attivamente evitati, oppure sopportati con paura o ansia intense
  • La paura o l’ansia sono sproporzionate rispetto al reale pericolo rappresentato dall’oggetto o dalla situazione specifici e al contesto socio culturale.
  • La paura, l’ansia o l’evitamento sono persistenti e durano tipicamente per 6 mesi o più
  • La paura, l’ansia o l’evitamento causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
  • Il disturbo non è meglio spiegato da sintomi di un altro disturbo mentale, tra cui la paura, l’ansia e l’evitamento di situazioni associate simili al panico o ad altri sintomi invalidanti (come nell’agorafobia); oggetti o situazioni legate ad ossessioni (come nel disturbo ossessivo-compulsivo); ricordi di eventi traumatici (come nel disturbo da stress post-traumatico); separazione da casa o da altre figure di attaccamento (come nel disturbo d’ansia da separazione); o situazioni sociali (come nel disturbo d’ansia sociale).

La fobia specifica può svilupparsi in vari modi: generalmente in seguito ad un evento connotato negativamente (per esempio essere attaccati da un animale) avviene un’associazione per la quale si collega lo stimolo che ha generato il disagio (l’animale che ci ha attaccati) con la sensazione di malessere che si è sperimentata, trasformandolo in uno stimolo fobico. Anche l’osservazione passiva può generare una fobia specifica: se un elemento ha fatto del male ad altri potrebbe farlo anche alla persona che osserva, pertanto si crea lo stesso meccanismo di associazione e genera una fobia. L’associazione è ancora più forte se durante un’esperienza si ha un attacco di panico. In questo caso la persona collega quello che stava facendo o osservando alla sensazione di malessere e forte ansia dell’attacco.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale in integrazione con la terapia EMDR rappresentano il trattamento più efficace per questo tipo di problematica. La tecnica maggiormente utilizzata in tale ambito è l’esposizione immaginativa attraverso la tecnica EMDR ed in seguito con quella graduale in vivo agli stimoli temuti: il soggetto viene avvicinato in modo progressivo fino ad arrivare ad avere contatto diretto con lo stimolo, che diviene neutro ai suoi occhi grazie a un processo di ristrutturazione delle idee irrazionali relative allo stesso che avviene neurobiologicamente e cognitivamente tramite stimolazione bilaterale (ad esempio, “se un ragno si poserà su una mia gamba sicuramente mi pungerà e morirò”). Se per esempio una persona ha una fobia specifica per l’ascensore, il terapeuta concorda con la stessa una serie di stimoli a intensità crescente. Si passa dal guardare una foto di un ascensore, al vedere un video di persone che lo utilizzano, per poi ipotizzare la possibilità di andare con il terapeuta vicino a un ascensore aperto, entrare insieme a lui nell’ascensore tenendo la porta aperta, infine fare qualche piano insieme a lui e usarlo da soli. Tutti questi passi sono rigorosamente graduali e non si passa a quello successivo se il paziente non giudica di essere a suo completo agio in quello attuale. (National Institute for Health and Clinical Excelence, NICE, 2011).